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Acireale, gli impiegati assenteisti dal gip «Ero assente? Facevo guardia al torrente»

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L’INCHIESTA

«Non mi sono reso conto che era una cosa sbagliata, ma lavoravo, eccome... ». Si sono difesi mediamente così, durante l’interrogatorio di garanzia davanti al Gip di Catania, Giovanni Cariolo, i 15 dei 64 dipendenti del Comune di Acireale indagati per truffa e falso nell’ambito di un’inchiesta sull’assenteismo della Procura del capoluogo etneo. I primi a essere sentiti sono stati i tre dipendenti agli arresti domiciliari, che hanno risposto fornendo la loro versione: Venera Lizio, 45 anni, messo notificatore, («Ero impegnata per il mio lavoro fuori dall’ufficio»); Orazio Mammino, 49 anni, funzionario all’ufficio Tributi («Entravo da un ingresso laterale perché c’era la fila di persone che aspettavano fuori e mi assalivano non lasciandomi passare»); e Mario Primavera, 49 anni, ex vigile urbano («Ero di guardia a un torrente che poteva esondare»). Si sono «giustificati» anche gli altri 12 indagati che il Gip ha sottoposto all’obbligo di firma. Secondo l’accusa circa un quarto di 240 dipendenti della struttura di San Cosmo degli uffici del Comune di Acireale, nonostante fosse assente, risultava al lavoro grazie alla complicità di alcuni colleghi che «strisciavano» per loro il badge personale. Agenti del commissariato della polizia di Stato di Acireale hanno notificato un’informazione di garanzia agli altri 47 dipendenti indagati in stato di libertà. Il provvedimento è stato emesso dal procuratore di Catania, Michelangelo Patanè e dai sostituti Pasquale Pacifico e Marco Bisogni.

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Cambia volto la stazione degli autobus di piazza Fratelli Rosselli

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autostazione piazza fratelli rosselli

Piazzale Rosselli cambia volto, o, almeno, si allarga. Il Comune di Agrigento, infatti, ha ottenuto dalla Regione Siciliana la concessione dell'area attualmente utilizzata come parcheggio privato dal Genio civile di Agrigento nell'area antistante il terminal dei bus. Una richiesta avanzata dall'amministrazione in carica praticamente al momento del suo insediamento e connessa alla necessità di superare le evidenti criticità in termini di spazi di manovra per i pullman che attualmente affliggono il piazzale. Richiesta accolta dopo una fitta interlocuzione tra il sindaco Lillo Firetto e l'Assessorato regionale e, pare, già tradotta in un verbale di consegna. Il tutto in forza di un “preminente interesse pubblico”. Il progetto del Municipio, infatti, pare sia quello di abbattere il muro e rimuovere il cancello automatico che oggi recinta l'area, modificando anche i marciapiedi in modo da ricavare alcuni stalli di sosta per le autovetture.

Il tutto non senza provocare polemiche e “resistenze”, tuttavia. A scagliarsi contro il Comune sono infatti con una nota unitaria le sigle della funzione pubblica di Cgil, Cisl, Cobas/Codir, Sadirs e Siad, questi ultimi sindacati dei dipendenti regionali. “Tale immobile adiacente il Cinema Astor – scrivono -, appartiene alla schiera di immobili d'età 'mussoliniana' soggetti a vincolo e tutela. Evidenziando, come qualsiasi modifica per tali edifici di estremo valore storico, sia da sottoporre all'autorità preposta alla tutela del patrimonio artistico e storico-culturale, con la presente le scriventi organizzazioni sindacali, chiedono alla Soprintendenza di Agrigento di avocare a sé ogni pratica per il rilascio di qualsivoglia autorizzazione e indagare se siano stati commessi negli anni, atti in violazione della suddetta norma tenuto conto delle foto storiche e dell'attuale condizione”. Non solo, ma i sindacati derubricano la richiesta di questi spazi ad una “impostazione progettuale del terminal bus del tutto 'improvvisata'” che ha provocato spesso l'attenzione della stampa anche nazionale. Non solo, ma, dicono i sindacati, l'eliminazione del cancello creerebbe “nocumento della salute pubblica dei fruitori del suddetto ufficio, in quanto parrebbe che da tale concessione si creerebbero ulteriori posti autobus che sosterebbero in modo permanente in aderenza alle aperture degli uffici di ché trattasi, con inevitabili immissioni di fumi, che comporterebbe grave pregiudizio alla salubrità dei luoghi sia per i lavoratori dipendenti”. E se le aree, a ben vedere, sono comunque già utilizzate come parcheggi, i sindacati chiedono all'Arpa di vigilare sulla presenza di Co2 all'interno degli uffici a causa del fatto che i bus manterrebbero i motori accesi anche durante lo stazionamento.

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Gioacchino Schicchi

Tecnis, nuovo allarme dei lavoratori: il Cda ritira il piano di rientro

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LAVORO

CATANIA - Il Cda della Tecnis ha deliberato il ritiro del Piano di ristrutturazione del debito che era in attesa di omologa, riservandosi di presentare una nuova proposta entro 15 giorni dal ritiro. Secondo il consiglio di amministrazione non ci sarebbero state le condizioni per attuarlo. La notizia ha ulteriormente aggravato la posizione dei lavoratori e posto ancor di più a rischio i cantieri; è già stato fissato una nuova protesta sindacale per oggi, a partire dalle ore 9, quando tutti i lavoratori in sciopero della Tecnis si raduneranno di fronte alla Prefettura, con Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil, per manifestare e chiedere di essere incontrati dal prefetto.

 

«Siamo costretti a constatare che, a danno dei lavoratori e dell’attività stessa dei cantieri, sono stati bruciati mesi preziosissimi. Sembrerebbe inoltre che il supporto dei soci non sia stato così saldo come invece sarebbe dovuto essere ai fini del risanamento - commenta il segretario generale di Fillea Cgil, Giovanni Pistorio - Evidentemente il piano difettava sin dal principio nella strategia e nella sostanza. I rischi concreti sono sotto gli occhi di tutti: se i prossimi passaggi non saranno curati con cautela, a pagare saranno i lavoratori 900 lavoratori italiani di Tecnis e imprese collegate (sono 250 i lavoratori di Catania), nonché il nostro territorio, che si troverà con cantieri strategici e di alto profilo economico, bloccati. Senza una strategia vera assisteremo allo spezzettamento di questa realtà industriale. Il sindacato chiede rispetto per i lavoratori, per la città. Non sarebbe facile, in ogni caso, trovare delle maestranze immediatamente abili ad ultimare quanto già iniziato».

 

 

Il sindacato, intanto, chiede l’esercizio senza restrizioni dei poteri di surroga. Questo permetterebbe agli enti appaltanti di anticipare le somme necessarie a saldare quanto dovuto ai dipendenti.
Nella giornata di ieri i lavoratori hanno continuato lo sciopero; tre le proteste per i dipendenti Tecnis e le aziende collegate. I sit-in si sono tenuti nel cantiere della Metropolitana di via Milo (nei pressi del vecchio ospedale Tomaselli) e nel cantiere dell’ospedale San Marco a San Giorgio. Agli scioperanti si sono aggiunti anche i lavoratori del cantiere Nord-Sud Enna Mistretta, che hanno protestato nella sede Tecnis di via Almirante 23.

 

I lavoratori hanno ribadito l’urgenza del saldo degli stipendi di settembre e ottobre 2015 e gennaio 2016, così come degli arretrati di versamenti in cassa edile per i mesi che vanno da luglio a ottobre scorsi.

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Catania, si regala finto concerto dei Sigur Ròs per il compleanno

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IL CASO

CATANIA - Diciannove è il numero perfetto, almeno per Damiano Grasso, studente catanese che ha pensato bene per il suo diciannovesimo compleanno che cade proprio domani, 19 febbraio, di farsi un regalo speciale: un finto concerto dei Sigur Ròs, la alternative rock band islandese capitanata da Jónsi Birgisson che avrebbero dovuto suonare addirittura al campo scuola di Picanello, il 19 febbraio. Nell’era di facebook, dove tutto viaggia in tempo reale, venerdì sera Damiano, studente al Linguistico, ha postato un falso evento, “Sigur Ròs live in Picanello 19/02/2016”, e in più di mille sono caduti nella rete della falsa verità. Il fatto è che anche gli stessi Sigur Ròs martedì se ne sono accorti replicando: “Ciao a tutti, qualcuno mi spiega che “evento” è? La band non suonerà alcun concerto a Catania il 19 febbraio”, per poi apprezzare con uno smile lo spirito del gesto. Da quel post si è scatenato un putiferio di commenti di giubilo all’estro catanese della burla espresso da Damiano.

 

«Conosco i Cccp ma del falso concerto di Cccp ad Acireale no, non lo sapevo». No, Damiano Grasso non può ricordarsi di “quel” falso concerto dei Cccp Fedeli alla linea, la punk band di Giovanni Lindo Ferretti e soci, che avrebbe dovuto “infuocare” la villa Comunale di Acireale nel 1986. Trent’anni fa, una vita fa. Il diciannovenne Damiano, da buon seguace del rock si sente comunque un degno figlio di quella voglia tutta catanese della burla che ebbe un illustre precedente in quella collettiva “presa per i fondelli” che coinvolse tanti ragazzi dei tempi, compreso chi scrive, quando una domenica pomeriggio nella tranquilla Acireale fu sconvolta nel suo delicato equilibrio da una massa di rockettari. Ai tempi bastarono pochi volantini fotocopiati e messi nei punti giusti di Catania per “smuovere” il popolo del rock, che non nascose il suo disappunto ad evento sfumato fra le dita. E se in tanti, compreso chi scrive, poi seppe degli autori della burla, in molti, per decenni, rimasero all’oscuro.

 

Oggi con internet finzione e verità si inseguono più rapidamente.«Ho sempre scherzato ironicamente sul fatto che purtroppo al Sud Italia i concerti di un certo spessore sono rari – dichiara Damiano Grasso -. Mi sono sempre divertito ad inventare con amici improbabili date di artisti internazionali nei luoghi più impensabili. Già un anno fa avevo organizzato un finto concerto di David Bowie che avrebbe suonato alla villa Comunale di Nicolosi (le ville comunali tornano ndr) ma non si era diffuso ed era rimasto un semplice gioco. Qualche mese fa ho deciso di creare questo secondo evento mettendo in campo i Sigur Ròs. Ho scelto come data il giorno del mio 19esimo compleanno un po’ per simulare un regalo; e così, prima diffondendosi tra amici che avevano subito riconosciuto lo scherzo, pian piano, grazie a condivisioni, messaggi e passa parola si è diffuso a macchia d’olio. Poi una volta diffusa la notizia dello scherzo quasi tutti sono stati al gioco, facendo battute e continuando a insistere sulla veridicità della data».

 

Ora, sulla riga del Rockin1000, il flash mob live organizzato a Cesena dai fan dei Foo Fighters, Damiano vuole organizzare un flash-mob a Catania sulle note di “Hoppipolla” dei Sigur Ròs e poi inviare il video alla band. E questa non è una burla.
 

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Gianni Nicola Caracoglia

Palermo, sequestrate tre aziende di ortofrutta

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 Il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo, in esecuzione di un provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo, Sezione Misure di Prevenzione, ha sequestrato tre aziende di ortofrutta di Salvatore D'Amico, 52 anni, tra Corso Calatafimi e Villabate. (Pa). Il valore dei beni è di un milione di euro. D'Amico è stato arrestato nel 2012 con l'accusa di estorsione ed intestazione fittizia. Per questi reati è stato condannato a un un anno e otto mesi. Secondo le indagini dei finanzieri D'Amico farebbe parte della famiglia mafiosa di Palermo Noce e avrebbe acconsentito ad intestarsi attività di Marcello Argento, come un'agenzia di scommesse, oggi chiuse, dove è stata avviata l'attività di ortofrutta sequestrata dai finanzieri.

Sezione:

Provincia:

Catania, rapina a commerciante La Polizia ferma i tre banditi

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ARRESTATI

Sono stati fermati i tre presunti banditi autori della rapina aggravata ai danni del direttore e di un impiegato di una nota ditta di vendita di elettrodomestici di Catania. In carcere sono finiti Marcello Fazio di 52 anni, Cristian Giuffrida di 31 anni e Maurizio Salici di 41 anni. I tre sarebbero entrati in azione l’ febbraio scorso, alle ore 10.30 circa. La Squadra Mobile era intervenuta in piazza Grenoble ove, poco prima, era stata commessa la rapina. La vittima aveva raccontato che mentre si stava recando in banca per depositare l’incasso relativo alla settimana precedente, veniva avvicinato da due individui, viaggianti a bordo di un motociclo i quali da tergo tentavano di impossessarsi del denaro.

L’uomo tentava di sfuggire ai rapinatori, riparando all’interno di un vicino panificio inseguito da uno dei due che, armato di pistola, lo raggiungeva e riusciva ad impossessarsi di una parte dell’incasso, oltre 7 mila euro, persa dalla vittima proprio all’interno dell’esercizio commerciale. D’intesa con la Procura della Repubblica di Catania, i poliziotti hanno subito avviato le indagini, partendo da un monitoraggio degli impianti di video-sorveglianza della zona. E grazie ai video sono stati subito identificati i tre presuti autori. Salici e Giuffruda sarebbero i due malviventi che a bordo del ciclomotore avevano tentato di rapinare il malcapitato; Giuffrida sarebbe l’uomo che, armato, aveva inseguito la vittima all’interno del panificio sottraendogli la busta con il danaro. Fazio sarebbe il bandito che ha fornito ai complici lo scooter.  I tre sono stati rinchiusi nel carcere di piazza Lanza.

 

 

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Provincia:

Palermo, chiuso centro massaggi gestito da cinesi

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La polizia di Stato ha sequestrato un centro massaggi cinese in via Rosina Anselmi a Palermo. I sigilli sono scattati dopo un anno e mezzo di indagini iniziate nel settembre del 2014 quando gli agenti hanno cercato riscontri sull'attività svolta dal centro "Oriente Massaggi" che si trova in alcuni locali al piano terra di un palazzo nella zona di Corso Calatafimi.

I poliziotti hanno sentito numerosi clienti che hanno confermato che all'interno c'erano alcune ragazze che si prostituivano. La titolare è la stessa che gestiva un centro massaggi "Eleganti Massaggi Cinesi", in via D'Amelio. Ed era stata denunciata. In questa nuova attività è rimasto coinvolto anche il marito. Il tariffario arrivava anche a 100 euro e i clienti affezionati avevano una tessera raccogli punti che consentiva ogni 10 prestazioni di averne una gratis. I clienti, arrivavano da tutta la provincia. Conoscevano i servizi resi grazie ad annunci pubblicitari, con utenze telefoniche dei due coniugi cinesi, pubblicati su siti d'incontri specializzati con tanto di foto di ragazze dai tratti somatici asiatici, in abiti succinti e in pose hot. Il provvedimento di sequestro è stato emesso dal gip di Palermo.

 

Nel centro oltre ai due coniugi, vivevano anche due figli di 7 e 11 anni e una giovane cinese costretta a lavorare 12 ore al giorno con la promessa di una paga di mille euro. Nel locali gli agenti hanno trovato documenti intestati ad italiani e sei cellulari con relative sim card. Sono in corso ancora indagini per verificare se siano coinvolte altre persone nella gestione del centro.

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Provincia:

Moni Ovadia: «Pronto a fare il direttore dello Stabile di Catania»

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CATANIA

CATANIA. La domanda è: perché Moni Ovadia si candida alla direzione dello Stabile di Catania? «Ho trovato giusto farlo - spiega al telefono - per lanciare un invito ad andare oltre alla routine, alla consuetudine che spesso muove le scelte nel nostro Paese. L’ho fatto per dire che si può puntare verso un orizzonte un po’ più ampio e diverso di possibilità, si può alzare lo sguardo e osare. E’ questo il senso e anche la provocazione di proporre il mio nome alla direzione artistica. Poi, sono pronto anche a farlo». Proprio oggi dovrebbero riunirsi i vertici del teatro...

«Se mi nominano certo che accetto - ribatte il grande artista, regista, attore, autore, da un mese direttore del Teatro di Caltanissetta a titolo gratuito - ma la mia scelta di presentare un curriculum vuol anche suggerire che se non il sottoscritto, può essere un altro come me o meglio di me o un giovanissimo siciliano, uno straniero, un super outsider... Io ci sono, ma ci può essere un’altra candidatura che abbia un respiro più largo. Se questo accadesse, avrei già ottenuto il mio scopo».

Dopo l’attore di tanto cinema e tv Antonio Catania, nato ad Acireale, e Filippo Arriva, catanese, giornalista, autore, drammaturgo, una lunga esperienza nei teatri lirici, e ora Ovadia, la rosa dei candidati potrebbe allargarsi in nome di una fronda trasversale che sembra avere intenti diversissimi. Il nome indicato dall’Assemblea dei soci, sostenuto da Comune e Regione, è quello del regista catanese Giovanni Anfuso, che l’estate scorsa ha diretto il Festival I-Art, ma il Cda si sarebbe spaccato su questa scelta e ne è nato un ampio dibattito che ha spinto i docenti universitari Antonio Di Grado, Fernando Gioviale e Luciano Granozzi, a convocare gli “Stati generali” del teatro il 29 al Monastero dei Benedettini.

Dibattito che s’infuoca sul web: «Moni Ovadia mette Enzo Bianco in difficoltà, ora come giustificheranno la nomina di Anfuso? », rilancia lo scrittore Ottavio Cappellani sul suo blog, mentre Di Grado si chiede su Fb: «Ma perché non si fa più il nome di Pirrotta? », e circolano anche voci su Guglielmo Ferro, ora al Quirino di Roma, e Mario Incudine, direttore del Teatro di Enna. Ovadia ribadisce che la sua proposta è nel segno del cambiamento: «C’è la necessità di rinnovare il pubblico, di cambiare la solita melassa degli Stabili. Come stiamo cercando di realizzare a Caltanissetta dove con Mario Incudine, che ha la metà dei miei anni, abbiamo creato un’alleanza generazionale».

E una rete fitta di rapporti teatrali e di amicizie: Ovadia e Incudine hanno portato in scena un applauditissimo allestimento de Le supplici la scorsa estate a Siracusa, lo spettacolo L’uomo la bestia e la virtù, con la regia di Giuseppe Dipasquale, direttore uscente dello Stabile etneo, e le musiche di Incudine, ha inaugurato la stagione di Caltanissetta che si chiuderà con Il casellante da Camilleri, con la regia di Dipasquale e con in scena Moni Ovadia, Valeria Contadino e Mario Incudine.

In caso di nomina a Catania, aggiunge Ovadia, non lascerebbe Caltanissetta. «Non voglio tenere il pallino da solo, si possono creare delle collaborazioni, immaginare un sistema di teatri, creare una compagnia di giovani... Cercare di dinamizzare il teatro, così importante e così sottovalutato. Bisognerebbe avere il coraggio, senza retorica, di guardare alle nuove generazioni». «Sono molto legato alla Sicilia - conclude - una terra di grandissimo futuro pur con le sue criticità. Io ho già fatto il mio percorso, ma sono qui per creare qualcosa di buono e mi piacerebbe farlo, o almeno provarci, in quella parte del Paese tenuta ai margini».

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autore: 
Ombretta Grasso

Messina, quei sospetti sul portiere Berardi Stracuzzi accusa poi corregge il tiro

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LEGAPRO

MESSINA. Il Messina le ha bollate come «male interpretate» attraverso una nota ufficiale ma le dichiarazioni che il presidente dell’Acr Natale Stracuzzi ha rilasciato all’inviato della Gazzetta dello Sport avevano già creato non poco imbarazzo. E anche tanto nervosismo.

«Guardi, io non posso mica dire che sia stato questo o quel giocatore. Però sono un ex portiere. E chi mi fa pensare male è Berardi, per il primo e il secondo gol. Nelle gare con i campani fa errori bestiali. Ma presto non sarà più un problema: sto prendendo un portiere che viene dalle giovanili del Real Madrid (è Miguel Angel Martinez, classe 1995, ndr), giocherà lui», questo il virgolettato sulla rosea di ieri.

Un colpo di mannaia sulla testa di Alessandro Berardi, il portiere 24enne che ha giocato 17 gare su 22 in campionato e che già qualche settimana fa era stato “licenziato” da Stracuzzi rispondendo a un tifoso sul suo profilo facebook. Attraverso la nota di ieri pomeriggio, il presidente Stracuzzi ha espresso «stupore per il clamore suscitato dall’articolo e sente la necessita di riportare la questione in un contesto di maggior serenità nell’ottica di salvaguardare il proprio patrimonio sportivo ed umano. Quanto espresso, con particolare riferimento a Alessandro Berardi, è il frutto di una valutazione personale, che in nessun modo vuole intaccare il rapporto fiduciario e di stima verso il portiere titolare della squadra al quale si coglie l’occasione per rinnovare la stima personale e professionale di tutte le componenti societarie».

Stracuzzi e Berardi, hanno avuto anche un contatto telefonico. Il presidente ha provato a spiegare al portiere il tenore delle sue dichiarazioni. Berardi e la squadra sono rimasti in silenzio. Almeno per ora. Ieri pomeriggio, negli spogliatoi del Garden, prima della partitella contro la formazione Berretti, c’è stato un incontro tra i giocatori. Subito dopo, la squadra ha avuto un «faccia a faccia» col dg Lello Manfredi e il ds Christian Argurio che hanno cercato di abbassare i toni e riportare serenità a un gruppo che, dopodomani, dovrà giocare una partita delicata a Matera.

Il Messina ha annunciato di aver dato mandato al proprio legale, Giovanni Villari, per «attivare tutte le procedure che il caso match fixing possa richiedere» e ha ribadito la propria «sfera di autonomia in merito alla scelta di avvalersi o meno di consulenti e/o dei servizi di società operanti nel settore di riferimento ferma restando la garanzia di adempimento delle obbligazioni che potrebbero scaturire dall’attuazione di disposizioni emanate dalla LegaPro o dagli organi federali».

Il calcio giocato, ieri, è passato quasi in secondo piano ma è stato il giorno del primo allenamento in giallorosso del portiere Miguel Angel Martinez. Oggi o al massimo domani dovrebbero essere ultimate le procedure per il tesseramento e lo spagnolo sarà ufficializzato. Se dovesse arrivare in tempo il transfer dalla Federazione spagnola sarà a disposizione di Lello Di Napoli. Intanto nella partitella contro la Berretti (terminata 13-0) in evidenza Gustavo, autore di 4 reti, mentre Scardina e Tavares hanno segnato due gol a testa. Le altri reti sono state messe a segno da Barisic, Burzigotti, Fornito, Fusca e Salvemini.

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autore: 
Francesco Triolo

Catania, metronotte muore al Garibaldi: indagati 4 medici

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L'INCHIESTA

Quattro medici del pronto soccorso dell'ospedale Garibaldi centro di Catania sono indagati per concorso in omicidio colposo nell'ambito dell'inchiesta aperta dal sostituto procuratore Angelo Brugaletta sulla morte, il 17 gennaio scorso, di un metronotte di 29 anni, Giovanni Manna. L'uomo, sposato e con due figli, lavorava nello stesso nosocomio. L'autopsia è stata eseguita ieri, dopo la denuncia presentata dagli avvocati Alfredo Spitaleri e Sandra Casella per conto dei familiari. Secondo l'accusa, i medici nel visitarlo non gli avrebbero diagnosticato un problema cardiaco. I primi sintomi, forti dolori al petto, Manna li ha denunciati mentre era al lavoro, all'ingresso del pronto soccorso del Garibaldi. Dimesso è ritornato poche ore dopo per il persistere dei sintomi. È stato nuovamente dimesso con una diagnosi di 'recidiva di pericarditè e terapia domiciliare. All'alba nuova visita al pronto soccorso con il trasferimento all'ospedale Ferrarotto dove è morto dopo 11 giorni.

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Andrea Stival: «Da Veronica solo fango Non sono né assassino né il suo amante»

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L'INTERVISTA

SANTA CROCE CAMERINA. Ci guarda dritto negli occhi, seduto sul divano della sua nuova casa. Ed è un buon segno, visto che abbiamo davanti un uomo appena indagato - seppur come atto dovuto - per l’omicidio di suo nipote. Parla con voce ferma e fuma. Sembra sincero, circondato dall’amore della sua donna e dai cani che abbaiano, grattando la finestra del suo balcone, chiedendo affetto e attenzioni. Ma la vita di Andrea Stival, da ieri, non è più la stessa.

È indagato per concorso in omicidio e occultamento di cadavere di suo nipote Loris. Come affronterà questo terremoto?

«Come sempre: con la serenità e la tranquillità di un padre e di un nonno. Ma con la grande amarezza di vedere rigirato così l’amore di un padre e di un nonno. E una grande certezza: questa storia non sta né in cielo né in terra».

Non è stato sentito dal pm dopo le rivelazioni di Veronica?

«No. Se è per questo non ho nemmeno ricevuto alcuna comunicazione sul fatto che sia indagato. Ma io sono a disposizione, come lo sono stato sempre, della Procura e degli inquirenti».

Sua nuora dice che è stato lei a uccidere il bambino.

«Non è vero: è fango, sono bugie. Andrea Stival scorre come l’“acqua cheta”. Sono stato sentito e intercettato, come tutti gli altri familiari. Tutta la mia vita, com’era giusto che fosse in quei momenti, è stata scandagliata. Io sono pronto a confrontarmi con Veronica, davanti ai magistrati e a chiunque: le ripeta guardandomi negli occhi, queste tremende bugie. O si assuma la responsabilità di quello che ha fatto».

Come si spiega questa chiamata in correità?

«Una cattiveria, un’ingiustizia contro tutta la famiglia. Soprattutto contro quel povero ragazzo, mio figlio Davide. Contro Loris, quell’angelo che non c’è più, e contro il piccolino, ignaro di tutto ciò. Lei ha ucciso il bambino. Anzi lei “me” l’ha ucciso. Era la mia vita, ho perso un pezzo della mia vita».

Una vendetta di sua nuora contro di lei?

 «Vuole mettermi contro mio figlio, contro il bambino, contro la famiglia. Sta manipolando tutti, di nuovo. E non ha mai detto la verità, come le ha sempre chiesto mio figlio».

L’altro aspetto, senza alcun rilievo penale ma con altrettanto fango su di lei, è che Veronica dice che eravate amanti. Lei ha smentito, anche in un’intervista a caldo al nostro giornale. Ma ci può descrivere il rapporto fra lei e sua nuora?

«Un rapporto normale, familiare. Da suocero a nuora. Con stima, collaborazione. Un rapporto bello, sano. Io e lei non facevamo nulla. Io, per lei, ero un suocero. E basta. Adesso lei deve provare il contrario, lo deve fare nelle sedi più adatte. Io sono pronto a confrontarmi ovunque».

Esclude dunque che ci possa essere una tracciabilità, in tabulati telefonici e sms, di un rapporto anomalo fra di voi?

«Tutto nell’ambito della normalità. Nel rapporto fra un suocero e una nuora, nell’amore per i nipoti».

Nelle carte del processo Veronica parla di lei con un verbo ricorrente: «accudire». Eppure un nonno di 53 anni, senza un filo di pancia, non è un vecchietto decrepito che ha bisogno di una badante.

«Sì, diceva di essere la sguattera di Andrea e compagna. Perché una volta le dissi che stavo portando gli abiti al lavasecco e lei mi fermò: “Non ti preoccupare, come lavo e stiro le mie cose posso fare con le tue”. Non le ho mai chiesto niente, né di stirarmi la roba né di farmi da mangiare. Io stavo a casa mia, lei a casa sua. Semmai era il contrario: ero io ad accudire i bambini, tutte le volte che c’era la necessità. Come fa un bravo nonno».

Una vicina di casa, sempre negli atti del processo, dice che, quando la famiglia di suo figlio si trasferì nel palazzo di via Garibaldi, vedeva più spesso nonno Andrea che papà Davide. Tanto che ai primi tempi credeva che fosse lei il marito di Veronica...

«Mi sembra una cosa senza testa né piedi. Io facevo il nonno, io ero il nonno di Loris. Cercavo di contribuire al meglio alla sua educazione, lo rimproveravo quando diceva le parolacce, lo portavo sempre con me».

Come si difenderà quando verrà sentito dal pm?

«Io non ho nulla da dimostrare a nessuno. Sarò sentito, per l’ennesima volta, ma io, ripeto scorro come l’acqua cheta. Io cerco soltanto giustizia per mio nipote».

Ha sempre pensato che fosse stata Veronica a uccidere Loris?

«Dopo quel 29 novembre non volevo pensare che fosse stata lei. Ma vedevo le sue anomalie, i suoi modi, i suoi stati d’essere. Sembrava che non le fosse successo nulla. Per me, comunque, era sempre la madre dei miei nipoti. Non volevo crederci, a lungo non ho voluto crederci».

Ma secondo lei Veronica è una malata di mente o una lucida assassina?

«È quello che è stata sempre: una lucida manipolatrice».

Ci sono stati dei rapporti successivi all’arresto fra lei e Veronica?

«Dopo aver chiarito un’incomprensione con suo padre Franco, che mi fece vedere tutte le lettere che lei gli scrive dal carcere, io e la mia compagna decidemmo di scriverle due parole e di fargliele avere».

E lei cosa le scrisse?

«Una cosa tipo “gioia mia, un abbraccio: cerchiamo sempre di dare verità e luce al bambino”. E poi, mi pare fosse il 31 ottobre, accompagnai il mio consuocero in carcere e gli diedi 80 euro da consegnare a Veronica, la cifra massima che mi disse si può fare entrare lì. Lui andò a colloquio e le disse che era venuto con me. Lei ne era contentissima, si mise pure a piangere. Per i soldi Veronica rimproverò suo padre: “Non devi prendere l’elemosina”, gli disse».

Non la prenda come un interrogatorio. Ma possiamo chiederle di raccontarci la sua mattinata del 29 novembre 2014?

«Io ero a casa con la mia compagna. Lei prende una pillola molto forte per dormire: arrivò una telefonata, molto presto, di sua madre, che ci svegliò per darle delle notizie sulla salute del padre. Poi ci siamo riaddormentati. E svegliati molto più tardi, tant’è che, anziché fare colazione al Mokambo come facciamo sempre, mangiammo qualcosa a casa».

A che ora siete usciti?

«Alle 10,15 circa. Dovevamo sbrigare delle commissioni assieme».

Ma Mattino Cinque ha svelato un particolare che lei non aveva raccontato agli inquirenti: lei e la sua compagna entrate in un negozio di casalinghi nei pressi del luogo del delitto. Vi descrivono come «nervosi», la sua donna ha un mancamento...

«Eravamo andati lì perché cercavamo uno svuotatasche. Non eravamo nervosi, né sotto choc. Lei aveva il ciclo e inoltre era preoccupata per la salute di suo padre. Poi riceve una telefonata da una sua cara amica che le chiede notizie sul padre e lei, riparlando di questa cosa dolorosa, si è emozionata».

Ma perché non ha raccontato questo passaggio agli investigatori?

«L’ho dimenticato. Può succedere, in quel momento non ci ho pensato. Ma è umano, soprattutto per una persona in buona fede e che ha la coscienza assolutamente a posto».

 E dopo “Vanity House”?

«Siamo andati a ordinare gli involtini dal macellaio e poi alla Conad a fare la spesa, infine in un altro negozio di casalinghi. Arrivati a casa ci accorgiamo che avevamo dimenticato gli involtini e torniamo alla Conad, dove li avevamo lasciati. Andiamo a prenderli e torniamo a casa. E alle 12,35 riceviamo la telefonata di Veronica che ci avvertiva della scomparsa di Loris. Da quel momento la nostra vita non è più la stessa».

Non vogliamo entrare in dinamiche familiari e private. Ma, a maggior ragione dopo le pesanti accuse di Veronica, è importante conoscere il rapporto fra lei e suo figlio Davide. S’è notata, ad esempio, la sua assenza all’anniversario della morte di Loris.

«La mia assenza ha una spiegazione semplice. Mi arrivò una telefonata da parte della preside della scuola, che mi disse che sarebbe stata una cerimonia a inviti, chiedendomi dove far recapitare il mio. Aggiunse che gli inviti li aveva fatti mio figlio, dicendo che io potevo venire, ma la mia compagna no. Lei provò pure a convincermi ad andarci. Ma decisi di no, per rispettare la mia compagna».

Questa è la parte visibile all’esterno. Ma com’è il rapporto fra lei e suo figlio?

«Si è interrotto, per incomprensioni varie. Ho provato più volte a riavvicinarmi. Fino a tre domeniche fa: lo vidi in paese, da solo in macchina, pensieroso. “Tu lo sai chi sono io”, gli dissi. “Tu lo sai chi è tuo padre”. Io spero sempre nel recupero del rapporto. Mi faccio i muri invisibili, ci metto pietre e pietre sopra. È mio figlio, gli è cascato il mondo addosso. Veronica ha distrutto tutto, continua a distruggere pezzi di questa famiglia».

Davide l’ha chiamata dopo le accuse di Veronica?

«No».

E lei ha chiamato suo figlio?

«No».

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Mario Barresi

Ecco La Sicilia Sport Agrigento Parlano Dario Scozzari e Cristian Mayer

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TRA GIORNALE, WEB E TV

La prima puntata di La Sicilia Sport Agrigento , condotta da Gaetano Ravanà, con ospiti in studio Dario Scozzari dirigente dell'Akragas e Cristian Mayer, direttore sportivo della Fortitudo Moncada Agrigento. 

 

 

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Timpa di Acireale e Valle dei Templi Riprendono le demolizioni degli abusi

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LEGALITA' E TERRITORIO

Entro la metà di novembre saranno consegnati i lavori di demolizione dello scheletro del manufatto denominato "Hotel Santa Maria la Scala". Lo prevede l'avviso di Gara, che ha scadenza 31 marzo 2016, pubblicato dall'Ufficio del Genio Civile di Catania sul sito della Regione Siciliana. Lo rende noto il Comune di Acireale sull'immobile noto come "l'ecomostro della Timpà. "Possiamo finalmente avere certezza che ben presto la Riserva della Timpa e Santa Caterina saranno liberati dallo scheletro di cemento dell'hotel - afferma il sindaco di Acireale, Roberto Barbagallo - rimasto a memoria delle speculazioni edilizie di metà degli anni Novanta. Dal bando si evincono già tempi certi per l'esecuzione dei lavori, tra ottobre 2016 e il prossimo febbraio. Ricordiamo che bisogna rispettare le prescrizioni dell'assessorato Territorio e Ambiente e quindi l'intervento non potrà essere realizzato durante il periodo riproduttivo e migratorio delle specie protette. Andremo avanti - annuncia il sindaco di Acireale - dando ancora un segnale importante dell'importanza della tutela e della valorizzazione del nostro territorio e dell'ambiente con la rimozione dell'amianto da Pozzillo".

Nella Valle dei Templi invece le ruspe torneranno il prossimo 22 febbraio. Dopo un lungo periodo di silenzio servito soprattutto agli uffici a fare il punto sulle procedure da seguire rispetto agli aspetti burocratici ed economici, adesso sembra che tutto sia pronto per un nuovo “via libera”. Al momento, comunque, pare che il Comune non abbia una lista complessiva perché, appunto, sarà prima necessario spendere i fondi residui del precedente appalto per poi procedere all’utilizzo delle restanti somme stanziate con il bilancio di previsione 2015 a fine dicembre scorso.

Tra le struttura da destinare all’abbattimento, oltre a piccoli interventi di “bonifica”, come l’eliminazione di muretti o la pulizia di terreni vi sarebbe però anche la demolizione di una casa nella zona di Poggio Muscello attualmente abitata da un nucleo familiare completo che avrebbe ricevuto solo nei giorni scorsi il decreto di demolizione come un vero e proprio “fulmine a ciel sereno”.

Se gli stessi tenteranno in qualche modo di resistere al procedimento questo non è chiaro. Quello che è certo è che, per quanto le posizioni pubbliche su questo tema si siano ormai ridotte praticamente al lumicino, quasi che non si tratti più di una questione di interesse pubblico – e lo è, sia che siate schierati sul fronte dei colpevolisti che ci si trovi tra gli “abusivi di necessità” - le procedure di natura strettamente burocratica non si sono fermate e, appunto, stanno adesso arrivando a pieno compimento. La discontinuità negli interventi di demolizione, comunque, rimarrà invariata in futuro. Questo perché il Comune, come noto, non è di certo nelle condizioni per affrontare un impegno economico di questa portata, per quanto, ha ribadito la Regione in più occasioni, la competenza, tecnica ed economica, rimane in carico ai Municipi. In tal senso Palazzo dei Giganti sta tentando di affrontare la questione in sede al tribunale amministrativo regionale, senza, però, attualmente avere notizie del proprio ricorso.

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Gioacchino Schicchi

MIneo, posti di lavoro al Cara per cambiare casacca in Consiglio

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CORRUZIONE

Si è tenuta davanti al Gup di Caltagirone, Salvatore Ettore Cavallaro, l'udienza preliminare per la presunta Campagna acquisti per sostenere la maggioranza consiliare al Comune di Mineo, in cambio di posti di lavoro o di un assessorato. Il procuratore Giuseppe Verzera ha ribadito la richiesta di rinvio a giudizio dell'ex presidente del consorzio Sol Calatino, Paolo Ragusa, del sindaco Anna Aloisio, dell'ex sindaco, Giuseppe Mario Mirata, e di due ex assessori, Maurizio Gulizia e Luana Mandrà. I reati ipotizzati a vario titolo sono corruzione in atti d'ufficio e induzione alla corruzione. 

Due gli episodi contestati: un posto di lavoro nel Cara rifiutato dalla fidanzata di un consigliere, e la proposta di un posto da assessore a un oppositore per sostenere la maggioranza. Dopo dichiarazioni spontanee della Aloisio e di Ragusa, che hanno contestato la ricostruzione dell'accusa, l'udienza è stata aggiornata al prossimo 31 marzo, per l'intervento delle difese.

L'accusa contesta a Ragusa e Gulizia di "avere promesso a un consigliere comunale di minoranza, senza ricevere accettazione, un posto di lavoro alla sua fidanzata al Cara di Mineo", se lui "avesse accettato di passare alla maggioranza nel Consiglio" dell'Ente. Un altro consigliere comunale di Mineo che sarebbe stato al centro della presunta 'campagna acquistì sarebbe stata Luana Mandrà, alla quale, secondo la Procura di Caltagirone, Ragusa e Mirata avrebbero offerto, "senza riceverne accettazione, un posto a tempo determinato da dirigente al Cara" se fosse "passata al gruppo 'Uniti per Mineò", per sostenere la maggioranza che appoggiava il sindaco Aloisi.

Lo stesso Ragusa le avrebbe poi promesso, "senza riceverne accettazione, un posto di lavoro nelle sue aziende se avesse accettato la carica di assessore". Luana Mandrà, sostiene l'accusa, avrebbe poi ricoperto l'incarico di assessore alla Pubblica istruzione e alle Politiche giovanili, con la determina nr. 26 del 21 agosto del 2013.

Per la Procura di Caltagirone il sindaco "Aloisi, avrebbe così ricevuto indebitamente per sé un'utilità consistita nell'aver riacquistato la maggioranza che non possedeva più in Consiglio Comunale". Consiglio comunale di Mineo che è decaduto il 19 ottobre del 2015: otto consiglieri su 15 che lo compongono, dopo che non è passata la sfiducia al sindaco, che richiede una maggioranza 'qualificatà, si sono dimessi per contrasti politici e amministrativi con il primo cittadino e anche per le polemiche sul Cara.

La Regione Siciliana non ha ancora nominato il commissario straordinario in sostituzione del Consiglio Comunale di Mineo. A Mineo è stato inviato un commissario ad acta soltanto per l'approvazione del bilancio, che ha già concluso il suo mandato.

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E il guru innocentista finisce in carcere per truffa

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IL CASO DEL DELITTO LORIS

La storia di Carmelo Marcello Lo Curto da Campobello di Licata alla tv. L’Ateneo di Bologna e il Politecnico di Milano: mai laureato né iscritto. E poi una lunga serie di precedenti penali. Si finse avvocato e agente di Digos e Cia...

Lo Curto, chi è costui? Per molti - noi compresi, ne facciamo ammenda, fino a qualche settimana fa - un illustre sconosciuto. Ma per i milioni di spettatori che seguono, incollati alla tv, le «clamorose svolte sul caso Loris», è l’uomo del momento. Fu lui, il 21 gennaio su Mattino Cinque, ad analizzare, con un sofisticato software, le immagini delle telecamere che inquadrano l’auto di Veronica Panarello (a processo per l’omicidio del figlio), notando al momento del parcheggio nel garage di casa «una sagoma sul sedile posteriore, lato opposto conducente» e poi, alla rotonda del supermercato Despar «alla guida una figura con corporatura robusta non riconducile a Veronica». Una ricostruzione che arriva in coincidenza alla nuova verità della donna, che dal carcere accusa il suocero, Andrea Stival. Abbastanza per alimentare il vento innocentista, ipotizzando - come hanno fatto tv e siti - «falle nelle indagini».

Come si presenta, Lo Curto? Un super esperto di informatica non può non avere un profilo professionale sui social. Lui ne ha due, su Linkedin e su Google+. Dove si autodefinisce “Software Engineer Developer Architect and Programmer”, con «attuale esperienza lavorativa», come ingegnere informatico, nientepopodimeno che per Microsoft Corporation. Dichiara due lauree in Ingegneria informatica: una al Politecnico di Milano (dove ha conseguito anche un master in Ingegneria del software) e un’altra all’Alma Mater Studiorum di Bologna, nel 1996.

Nel profilo Google+, oltre a lunghe e argomentate dissertazioni sull’innocenza di Veronica, Lo Curto ritrae il suo studio operativo in una foto: «Il mio angolo personale, purtroppo non si vede il lato sinistro dove ci sono altri due computer. Niente male, del resto per un programmatore informatico, questa è la vita». Sembrano lontani i tempi in cui l’“ingegnere” faceva il karateka.

«Avevo 38 anni e insegnavo arti marziali presso un amico a titolo gratuito. Questa era la politica del mio Sensei Giapponese M. Masami Matshita», scrive fiero a corredo di un’immagine che lo ritrae col kimono. Da dove spunta fuori, Lo Curto? L’esperto informatico irrompe nel caso Loris grazie a Facebook. «Contattò diversi mesi fa Antonella Stival (la zia iperinnocentista di Veronica, ndr) su un noto social network - racconta l’avvocato Francesco Villardita - e si mise a disposizione della difesa come ingegnere informatico. Quando parlammo si propose in veste di esperto di “Amped Five”, un software di analisi delle immagini per applicazioni forensi. Ma non lo nominai consulente: già avevo indicato Davide Scambi e avevo pure il sostituto, Cristian Mendola. Presi atto del suggerimento sul programma e ne parlai ai miei consulenti. Tutto qui».

Ma le immagini che Lo Curto usa nelle trasmissioni tv sono quelle in mano alla difesa? «No, da me non ha mai avuto nulla. Per quello che ne so utilizza i video della televisione», taglia corto Villardita. Lo Curto, dunque, non ha un ruolo ufficiale nel processo. Ma soltanto mediatico. Ma chi è, davvero, Lo Curto? All’epoca in cui basta un messaggio su Facebook per diventare un guru mediatico, qualcuno s’è mai informato sull’uomo che - con grande professionalità, non c’è che dire - analizza i frame delle immagini (atti di un processo) e dispensa verità in diretta televisiva? Noi ci abbiamo provato, consultando fonti qualificate in Sicilia, ma anche in Veneto, in Lombardia ed Emilia Romagna. Ed ecco cosa abbiamo scoperto.

Lo Curto Carmelo Marcello, nato il 17 febbraio del 1954, è di Campobello di Licata da dove si trasferì per vivere al Nord. All’Università di Bologna e al Politecnico di Milano non risulta alcun ingegnere informatico con suoi dati anagrafici, ma neanche alcun iscritto. E quindi Lo Curto non possiede le lauree che dichiara sui profili professionali.

Le notizie più interessanti, però, arrivano dal suo casellario giudiziario. Dove spiccano «precedenti penali e di polizia» come «abusivo esercizio di una professione, falsi in genere, sostituzione di persona, reati contro la Pubblica Amministrazione, usurpazione di titoli e onori, emissione di assegno senza provvista, rifiuto di indicazioni sulla propria identità».

Processato e condannato con pena definitiva, è stato in carcere e ai domiciliari. Riavvolgiamo il nastro. Prima di esserre un detenuto, molte vite fa, Lo Curto ha fatto pure il poliziotto: matricola numero 183531 del Dipartimento Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno, assunto in forza alla Questura di Padova dal 19 maggio 1979 al 14 ottobre 1981, quando decide di svestire la divisa chiedendo il recesso dalla seconda rafferma triennale.

Ma questa seppur breve esperienza gli rimane nel cuore. Tanto da accreditarsi, in più occasioni, per super detective. Nel dicembre del 2000 viene denunciato perché sosteneva di essere un agente della Digos, ma «in passato si era già reso responsabile di fatti dai quali traeva profitto della sua pregressa appartenenza alla Polizia». Come quella volta in cui «si spacciava per agente della Dia, esibendo in pubblico distintivi di appartenenza». Nel 2001 arriva anche una condanna per truffa e sostituzione di persona: 6 mesi e 5 giorni, pena sospesa. La brutta abitudine non riguarda soltanto la divisa. E qui arrivano i guai seri. Nell’aprile 1993, infatti, l’“ingegnere” si improvvisa avvocato. Con tanto di studio legale, allestito con documentazione e timbri falsi. Ma ci sa fare, Lo Curto, anche con la toga.

Decine e decine di clienti, finché qualcuno non lo denuncia. Con sentenza del 7 marzo 2001 arriva la condanna del Tribunale monocratico di Padova: un anno, sette mesi e 10 giorni di reclusione. Per i seguenti reati: truffa aggravata, falsità materiale continuata, contraffazione impronte di pubblica autenticazione ed esercizio abusivo della professione. Arrestato nel gennaio del 2002, va in carcere e poi ai domiciliari. Tornerà in libertà il 20 maggio 2003. Poi, a parte un paio di denunce per peccatucci veniali (tra cui una per calunnia) nessun altro rapporto con la giustizia. E nemmeno con l’anagrafe, visto che dall’accertamento di una Volante del commissariato “Stanga” di Padova risulta «irreperebile per cancellazione d’ufficio» dalla sua residenza precedente, dove risultava vivere insieme con la moglie romena, Carmen Moisuc, e la figlia.

Chissà a quale indirizzo si trova il mitico cervellone con tutti i pc schierati. Lo Curto, nelle sue numerose trasfigurazioni professionali, si definisce anche «detective». In effetti è stato collaboratore e talvolta socio di alcune agenzie investigative. Come la “Cobra di Berton Antonella & C. Snc” e l’“Istituto Palladio Informativo di R. Muller & C. Snc”. Il nostro “007” chiede pure l’autorizzazione per svolgere attività investigativa. Ma le Prefetture di Vicenza e di Padova non gliela rilasciano, «a causa dei suoi numerosi precedenti penali, anche per reati contro il patrimonio». Nel 2006, a Padova, denuncia una cliente per minacce. Risulta autore anche di altre denunce. Da due in particolare (minacce e tentata estorsione, furto su autocarro) si evince che, fino al 2009, svolgeva l’attività di autista di camion. Un lavoro onestissimo. Più del “Software Engineer” di cui sopra. Dimenticavamo: il riscontro sul fatto che lavori a Microsoft. Abbiamo chiesto a Bill Gates notizie del dipendente Lo Curto. Non ci ha ancora risposto. E dunque, almeno per ora, ci fidiamo sulla parola dell’“ingegnere”.

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Mario Barresi

Catania, rientrato allarme radioattività a Fontanarossa

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INTERVENTO DEI VVFF

CATANIA - Controlli antiradioattività sono stati eseguiti da vigili del fuoco ieri pomeriggio all’aeroporto Fontanarossa di Catania. A lanciare l’allarme erano stati dalla torre di controllo dello scalo che avevano notato un sospetto sversamento di liquido radioattivo da un collo in transito su un aeromobile Airbus fermo in pista. La squadra Nucleare biologico chimico radiologico (Nbcr) dei vigili del fuoco dopo una accurata verifica, eseguita con una sofisticata strumentazione, non ha rilevato alcuna contaminazione.

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Doping, due atleti denunciati dal Nas a Ragusa

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SPORT

RAGUSA - I carabinieri del Nas di Ragusa, in seguito ai controlli antidoping effettuati in occasione della gara podistica “Maratona di Ragusa” il 10 gennaio scorso, hanno compiuto accertamenti su numerosi atleti che hanno preso parte alla competizione sportiva. Due atleti, un ragusano e un siracusano, sono stati trovati positivi per aver assunto sostanze vietate e denunciati alla Procura di Ragusa.

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Catania, differenziata non decolla Il Comune annuncia un giro di vite

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RIFIUTI

CATANIA  - Con l’avvio del terzo step della raccolta differenziata Porta a Porta, il Comune di Catania annuncia un giro di vite contro chi non rispetta le regole. Palazzo degli Elefanti punta il dito contro “le mini discariche che si formano nelle aree dove sono stati eliminati i cassonetti” e “l’errato conferimento soprattutto dell’organico”. La città attraversa una fase cruciale e delicatissima nel settore della raccolta rifiuti, perché al fatto che in una parte dell’area urbana si sta cambiando sistema, con le conseguenti criticità legate al “pensionamento” dei cassonetti - proprio nei giorni scorsi è stata ulteriormente ampliata fino al viale XX Settembre e al corso Italia la zona della raccolta porta a porta - si aggiungono problemi vecchi e nuovi: il ritardo ormai certo della nuova gara d’appalto che entro marzo avrebbe dovuto finalmente riorganizzare il servizio e unificare il sistema di raccolta porta a porta, la difficoltà di fare comprendere le nuove regole a quanti pur di non rispettarle si ostinano a utilizzare i cassonetti delle strade vicine, che finiscono inevitabilmente per “scoppiare” di rifiuti, e ancora l’allergia al rispetto di giorni e orari.

 

C’è necessità di fare ordine, e magari di una comunicazione più capillare, insomma, perché mentre in buona parte della terza circoscrizione, oltre al Villaggio Goretti, i cassonetti sono stati rimossi, e nel resto di Catania sono ancora al loro posto, nell’intera città prosegue in vari modi il fenomeno collaterale della raccolta “sommersa” e del riciclo di indumenti usati che finiscono in gran parte ai margini dei mercati di piazza Carlo Alberto e di quello domenicale di San Giuseppe la Rena, per poi tornare nei cassonetti o nelle microdiscariche ai margini delle strade

 

“I rifiuti non conferiti in maniera regolare non saranno ritirati e gli operatori provvederanno ad inoltrare la segnalazione ai Vigili Urbani che interverranno ad elevare le contravvenzioni al singolo soggetto oppure all’amministratore del condominio”, si legge in una nota. Le sanzioni vanno da 25 a 500 euro, nei casi di violazioni più gravi.

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Operazione Icaro, la mappa delle famiglie mafiose agrigentine

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Mafia

Cosa nostra agrigentina aveva un nuovo capo dopo l'arresto del sambucese Leo Sutura, individuato in Pietro Campo di Santa Margherita Belice. E la "guerra" per la leadership della famiglia mafiosa di Montallegro tra i due cugini Marrella, ha permesso agli investigatori della Squadra Mobile di Agrigento, di delineare i ruoli di esponenti mafiosi all'interno delle cosche di Santa Margherita Belice, Cattolica Eraclea, Cianciana, Ribera, Montallegro, Siculiana, Porto Empedocle, Agrigento, Favara e Lampedusa. Questo e altro emerge dai provvedimenti emessi dal Tribunale del Riesame di Palermo, che ha disposto la cattura di altri 14 soggetti coinvolti nell'inchiesta "Icaro" .  Le investigazioni dei magistrati della Dda di Palermo hanno trovato conferma, e sostanzialmente ribaltano l'ordinanza di custodia cautelare del Gip del Tribunale di Palermo, Giangaspare Camerini. Molti dei coinvolti doveva andare in carcere.  E' possibile parlare dell’esistenza di collegamenti tra gruppi mafiosi territorialmente distanti tra loro, ma ben collegati; e di personaggi centrali in seno all'organizzazione criminale. Nel dettaglio il Riesame conferma in buona parte l'indagine della Mobile. Pietro Campo sarebbe il rappresentante provinciale di Cosa nostra agrigentina; Giovanni Campo affiliato della famiglia mafiosa di Santa Margherita Belice; Mauro Capizzi verosimile rappresentante del mandamento mafioso di Ribera almeno fino al luglio 2013 con competenza sulla famiglia mafiosa di Montallegro e su quella di Cattolica Eraclea; Vincenzo Capizzi affiliato alla famiglia mafiosa di Ribera; Diego Grassadonia rappresentante del mandamento mafioso di Cianciana dal luglio 2013 in poi con competenza sulla famiglia mafiosa di Montallegro; Ciro Tornatore reggente della famiglia mafiosa di Cianciana; Vincenzo Marrella cl.55 inteso "l’uvaro" già reggente della famiglia mafiosa di Montallegro almeno fino al 04.11.2012 e dai primi di agosto 2013 in poi; Francesco Tortorici "alter ego" ed uomo di fiducia di Vincenzo Marrella cl.55; Pasquale Schembri cugino di Tortorici e suo alleato; Stefano Marrella reggente della famiglia mafiosa di Montallegro dal novembre 2012 fino ai primi di agosto 2013; Vincenzo Marrella cl.74, Leonardo Marrella e Francesco Marrella nipoti ed alleati di Stefano Marrella; Gaspare Piro presunto reggente della famiglia mafiosa di Cattolica Eraclea; Antonino Grimaldi luogotenente di Pietro Campo e regista occulto della avvicendamento tra i due boss di Montallegro; Antonino Iacono "U Giardinisi" capo del mandamento di Agrigento. Nella carte di "Icaro" riportati anche i ruoli di due importanti uomini d’onore della famiglia di Siculiana, intervenuti sulla contesa a favore dello schieramento di Vincenzo Marrella e Francesco Tortorici.  Il lavoro degli agenti della Squadra Mobile di Agrigento, sotto la guida del dirigente Giovanni Minardi, si fonda principalmente su informazioni "di prima mano", importanti indicazioni raccolte direttamente dalla viva voce degli indagati, tramite intercettazioni ambientali e telefoniche. Scrivono i magistrati della Dda << La verifica e il riscontro puntuale di ogni elemento emerso ha posto in evidenza un quadro indiziario caratterizzato da univocità e concordanza; così, l’analisi particolareggiata dei riscontri acquisiti ha permesso di ricostruire, in larga parte, le dinamiche succedutisi nel corso dell’inchiesta, attribuendo ad ognuno degli indagati ruoli e responsabilità specifiche>>. A questo bisogna aggiungere la "condizione di omertà" riscontrata dagli inquirenti nel corso delle indagini, che ha giocato un ruolo di grande rilievo all’interno della struttura criminale, generando un flusso d’intimidazione diffuso e costante in diversi territori dell'Agrigentino.  Oltre a ciò, va segnalato che diversi indagati del procedimento sono soliti commettere dei reati così detti "fine", come le estorsioni, i danneggiamenti, incendi, le intimidazioni a seguito di esplosione di colpi di arma da fuoco, ecc.

 

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autore: 
Antonino Ravanà

Bagheria, ex operatore ecologico denuncia il sindaco grillino

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INGIURIE

BAGHERIA  - Il sindaco di Bagheria Patrizio Cinque (M5S) è stato denunciato dall’ex dipendente del Coinres, il consorzio che gestiva la raccolta dei rifiuti in 21 comuni del palermitano, Carmelo Di Salvo, per ingiuria. Nell’aula del Consiglio comunale lo sconrso novembre l’ex netturbino aveva esposto striscioni contro il sindaco: “Sindaco Cinque mi hai tolto 55 anni di dignità” e “Patrizio Cinque il sindaco del clientelismo”. Il sindaco nel corso dell’alterco ha detto rivolgendosi a Di Salvo anche “Ti strappo il cuore”.

Ma il sindaco Cinque si difende: «L’ex dipendente del Coinres mi ha aggredito in Consiglio Comunale. Lo ha fatto più volte. Ed è lo stesso che ha cercato di aggredire l’ex sindaco Lo Meo. Lo voleva colpire con un pugno. Ho sopportato tutto ma non che velatamente mi facesse intendere di stare attento alla mia famiglia. Ha minacciato i miei nipoti. Il soggetto in questione è noto alle forze dell’ordine».

«Più volte in consiglio comunale ha portato una bottiglia di benzina - aggiunge - Stavolta querelerò chiunque proverà a ledere la mia immagine. Ho detto quella frase ma solo perché volevo difendere la mia famiglia. Non permetterò mai nessuno di fare del male o subire minacce. Tutto questo accanimento nei confronti della mia amministrazione è almeno sospetto».

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